Copa Libertadores 2018: l’11 novembre del calcio argentino è Boca-River.
Le serrande dei negozi erano abbassate, turni di lavoro ridotti, oggi pomeriggio Buenos Aires si è fermata, tutti hanno chiuso prima, erano aperti solo i bar con i televisori accesi per non perdere nemmeno un minuto dell’appuntamento con la storia. Nei palazzi della città comitive di famiglie ammassate tra i saloni delle abitazioni di amici e parenti, tutti davanti alla tv. Urla e grida di gioia, discussioni accese come al solito, poi fiumi di Cerveza.
Basta questo per far capire come un Superclasico possa per novanta minuti far dimenticare i guai di un popolo, violenza, crisi economica, povertà, differenze enormi nelle classi sociali, quel divario pazzesco tra ricchi e poveri.
Non importa. In Argentina tutti parleranno per sempre della ‘Final‘, i racconti verranno tramandati di generazioni, l’11 novembre nel paese verrà ricordato solo per la prima finale di Copa Libertadores, 180 minuti di follia, i primi novanta alla Bombonera. Chissà quando il destino regalerà una seconda volta. Si vedrà. Intanto c’è il presente. Perchè questa si può considerare la madre di tutte le battaglie tra Xeneizes e Milionarios, e come tutte le prime volte non si dimentica mai. Così alla fine, quasi come una benedizione, è spuntato anche il sole. Dopo 24 ore di piogge forti, il campo ha tenuto.
Poi la partita. Empate! Dicono così gli argentini, significa pareggio. Boca e River regalano un pari spettacolare, 2-2, occasioni sciupate e qualche scintilla in campo, ma tutto nella norma. Sarà invece il match del Monumental a decretare a quale delle due anime di Buenos Aires sarà assegnata la Copa Libertaodres 2018. Soldi, potere, un posto nell’olimpo soltanto sognato fino ad ora e quella supremazia cittadina per la quale dalle parti di Buenos Aires si è pronti a tutto. Una questione di sangue.
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