JUVE. Frecciata BUFFON: “Errori arbitrali alibi dei perdenti”

LA GAZZETTA DELLO SPORT – Gigi e il futuro: “Continuerò finché mi sento di altissimo livello. Io bandiera? Con i fatti”…

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RASSEGNA STAMPA – (G.B. Olivero) – Fatti, non parole. Da sempre è uno dei motti preferiti da Buffon. A febbraio Gigi disse onestamente che, se anche si fosse accorto del gol di Muntari, probabilmente non l’avrebbe detto all’arbitro. Con la stessa onestà due settimane fa ha dichiarato che per la Juve sconfitta a San Siro dal Milan il rigore inesistente (e decisivo per il risultato) non sarebbe dovuto essere un alibi. Ieri ai microfoni della Rai Buffon ha approfondito alcuni argomenti interessanti partendo proprio dalle polemiche arbitrali: “Non mi piacciono e non mi sono mai piaciute, fanno emergere il lato dell’incoerenza. Indubbiamente è capitato che in due situazioni la Juve abbia tratto vantaggio da un errore, però quando accade a noi si scatena un pandemonio mediatico esasperante, ingiusto ed esagerato nei confronti della società. È come se la Juve diventasse scudo ed alibi per incompiuti, per chi non vince mai”. L’Inter non viene mai nominata, ma è difficile non cogliere un chiaro riferimento ai nerazzurri. Poi Buffon, che presto rinnoverà il contratto con la Juve, ha parlato del suo futuro (“Continuerò a giocare a calcio fin quando mi riterrò un portiere di altissimo livello. Alla Carrarese a fine carriera? Dipende da come me lo chiederà mia moglie Alena che è la presidentessa…”) e del campionato che stasera prevede la sfida tra Inter e Napoli, le grandi avversarie della Juve: “Siamo campioni in carica e ci siamo rinforzati, ma ci sarà da battagliare per difendere il titolo. Ai nastri di partenza siamo scattati più avanti, ma non per questo la nostra vittoria è scontata. Le sorprese non gradite possono sempre esserci”. Infine, con grande franchezza, Buffon ha anche rifiutato due etichette che più volte in passato gli sono state appiccicate addosso. La prima etichetta è quella di educatore: “È vero che bisogna dare segnali positivi, ma la responsabilità di essere un educatore non me la prendo. Il compito di educare i figli spetta ai genitori. Mi auguro solo di fare cose buone che siano da spunto, ma io devo pensare a educare i miei bambini, non quelli degli altri”. La seconda etichetta è quella di bandiera: “È un discorso di convenienza e a me la convenienza non è mai piaciuta: l’ho dimostrato con i fatti in passato. Credo si debba vedere come ci si comporta nel contesto: se uno resta tanti anni in un posto e non è un punto di riferimento, il ruolo di bandiera gli è convenuto e basta”.