CALCIO. Aribtri: un gol ai fantasmi

IL MESSAGGERO – Tagliavento: “Con i giudici di porta cambia tutto, i giocatori si adeguino”…

 

RASSEGNA STAMPA – (R. Avantaggiato) – Domenica Tagliavento ha esordito da arbitro di porta nel campionato italiano.

 

Com’è andata?
“Bene, indubbiamente bene. Si vive la partita da una prospettiva diversa, ma sempre nel vivo. Ma io avevo già l’esperienza fatta nelle coppe e nell’ultimo Europeo“.

Partiamo dall’episodio Muntari.
“Come ho detto con l’innovazione di questa stagione quell’episodio non ci sarebbe mai stato. Per questo il gol concesso a Pirlo sabato sera a Torino è stato molto importante: il primo impatto con la novità. Ciampi è stato bravo a vedere un gol che, senza arbitro addizionale, nessuno avrebbe mai concesso”.

I primi ad essere stati designati sono stati gli arbitri più esperti. Lei in Superocoppa e a Siena domenica scorsa, poi Rizzoli e lo stesso Ciampi, il più bravo della Can B.
Stefano Braschi ha forse voluto dare subito un sostegno ai più giovani, che comunque hanno più di dieci anni di arbitraggio alle spalle; o forse è soltanto l’inizio di un normale turn over perché tutti dovremo ricoprire questo ruolo”.

Già, ma serviranno direttori di gara con molta personalità per prendere decisioni importanti e resistere agli “accerchiamenti” già visti domenica a chi è a fondo campo.
“Accade in Italia, perché i calciatori sentono quando segnaliamo all’arbitro, attraverso l’auricolare, il rigore o il fallo. All’estero, invece, la differenza di lingua rende una decisione dell’arbitro di porta più difficile da individuare da parte del calciatore”.

Stile italiano a parte, l’impatto con i calciatori com’è stato?
“Bisognerebbe chiederlo a loro, ma ho l’impressione che non tutte le squadre siano preparate alla novità che sei occhi vedono meglio di quattro, cioè dell’arbitro e dell’assistente”.

Vuol dire che in area continueremo a vedere trattenute e abbracci?
“Spero proprio di no, perché l’Europeo ci ha insegnato che proprio grazie agli arbitri addizionali la percentuale di trattenute in area è diminuita notevolmente e sono stati segnati più gol di testa”.

Rispetto a quanto visto in Europa, i sei arbitri italiani sembrano più collaborativi tra loro.
“E’ solo un’impressione, perché la determinazione che mettiamo è la stessa, sia quando arbitriamo in Italia che in Europa. Siamo una squadra che gioca insieme per uno stesso obiettivo: ridurre al minimo l’errore nostro e di un collega”.

Ora non si può più dire che l’arbitro è un uomo solo in mezzo al campo.
“No, davvero. Siamo in sei, più della metà di una squadra di calcio. E quando entriamo in campo siamo guardati con maggiore attenzione dagli stessi calciatori”.

L’introduzione dell’arbitro di porta quanto può incidere anche sul fuorigioco?
“Sono convinto che gli assistenti, che sono importantissimi per noi, una volta sgravati da alcuni compiti di controllo delle aree possono concentrarsi meglio sul fuorigioco”.

Nel primo week-end, però, non è andata così bene.
“Episodi come quelli visti nello scorso fine settimana ce ne saranno sempre, perché non si può far passare l’idea che l’errore venga cancellato. D’altronde, anche se una squadra di calcio mettesse tre portieri a difendere la propria porta, non avrebbe la garanzia di non prendere gol”.

Prima giornata di campionato e prime polemiche…
“Il campionato presenta numerose squadre che si equivalgono e quindi ha un grado di difficoltà superiore. Noi siamo pronti a sopportare le critiche, che accettiamo quando sono legittime e costruttive. Se, invece, come spesso accade, c’è approssimazione nel valutare le situazioni, le critiche lasciano molto a desiderare”.

Cosa si aspetta Paolo Tagliavento dalla decima stagione in A?
“Di crescere ancora. Come mi hanno insegnato Collina e Braschi, non basta l’exploit di una stagione: bisogna ripetersi anno dopo anno. E soltanto attraverso il lavoro è possibile ottenere un miglioramento”.