CALCIO. Il nuovo INZAGHI: “Sogno un’altra Champions e dico grazie a MOURINHO”

LA GAZZETTA DELLO SPORT – Primo giorno da allenatore degli Allievi: “Josè mi ha convinto a smettere, i top player finiscono nei top club. Ancelotti il mio modello”…

(getty images)

 

RASSEGNA STAMPA (F. Della Valle) – Lo vedi in mezzo al campo, circondato da ragazzini che hanno meno della metà dei suoi anni, e ti sembra che sia uno di loro. Il fisico di Filippo Inzaghi è quello di sempre, l’instinto del goleador anche (se c’è un pallone che transita dalle sue parti lui non resiste alla tentazione di calciarlo in porta), la novità è il fischietto che usa per richiamare l’attenzione. Pippo era stakanovista da giocatore e non ha cambiato pelle: il primo allenamento degli Allievi è finito con 10 minuti di ritardo, ma nessuno si è lamentato. I giocatori pendevano dalle sue labbra. Venti minuti di riscaldamento, poi tanto pallone. E alla fine la partitella, a cui Inzaghi ha faticato a non partecipare.

Inzaghi, che effetto le fa essere chiamato mister?
“Mi fa sentire vecchio… I ragazzi mi danno del lei, sono un po’ intimoriti, però mi hanno dimostrato grande disponibilità. Ho fatto una riunione tecnica di 20 minuti e quando ho finito nessuno si alzava. Sono stato subito chiaro: perdonerò sempre un gol o un passaggio sbagliato ma sarò intransigente con chi va male a scuola, chi non si comporta bene in collegio, chi non rispetta le regole e non s’allena alla morte”.

In quanti l’hanno chiamata per l’in bocca al lupo?
Ancelotti è stato il primo, stamattina alle 8.30. Galliani e Galli mi chiamano tutti i giorni, anche i miei compagni e Tassotti si sono fatti sentire. L’sms di Agnelli e la telefonata di Mourinho mi hanno fatto particolarmente piacere”.

Allegri non si è fatto sentire: come mai tra voi due non c’è mai stato feeling?
“Non lo so, io non ho problemi con nessuno. Sono sereno, ho fatto tutto per il bene del Milan, tutti sanno com’è andata. Ognuno imposta i rapporti umani alla sua maniera”.

Nesta e Gattuso hanno scelto di non restare nonostante la società abbia provato a trattenerli. Non le dispiace che a lei non sia stato proposto un altro anno?
(sorride) “Tutti sappiamo com’è andata, avevo capito che non potevo più giocare nel Milan e questo mi ha fatto scegliere di smettere perché non me la sentivo di indossare un’altra maglia. Se fosse dipeso da me avrei continuato un altro anno, ma ora so di aver fatto la cosa giusta. Se avessi potuto scrivere io la partita col Novara non l’avrei immaginata così bella: ho fatto gol sotto la mia curva alla 300esima partita con il Milan, 126 gol in rossonero, la somma fa 9 come il mio numero. Tutto questo mi ha ripagato di una stagione difficile. Quest’estate mi voleva il Granada, Mou mi ha chiamato e mi ha detto “i top player finiscono nelle top squadre”. Ha ragione: era giusto smettere”.

Gattuso ha parlato di mancanza di rispetto nello spogliatoio nell’ultima stagione, soprattutto da parte dei giovani. Anche lei ha avvertito un clima diverso?
“Se Rino ha detto certe cose si vede che le ha viste. Vorrà dire che io e gli altri allenatori dei giovani dovremo essere bravi a insegnare il rispetto delle regole”.

Ibrahimovic è venuto a trovarla a Formentera nei giorni caldi del passaggio al Psg. Che cosa le ha detto?
“È un grande amico, lo sento tutti i giorni. Se avesse potuto scegliere sarebbe rimasto al Milan, ma è un professionista e Ancelotti mi ha detto che si sta allenando molto bene”.

Senza lui e Thiago Silva però il Milan è più debole: può ancora competere con la Juve per lo scudetto?
“Io credo di sì. Il Milan ripartirà, ha tenuto gente che può dare l’esempio e può fare un ottimo campionato. Anche la Juve l’anno scorso non era data per vincente, ma ha messo in campo tutto ciò che aveva”.

È contento di vedere la sua maglia sulle spalle di Pato?
“Sì e spero che gli porti fortuna. La 9 è una grande responsabilità, prima di me l’hanno indossata Van Basten e Weah. Mai come quest’anno il Milan avrà bisogno di lui”.

Che cosa le mancherà di più da allenatore?
“Lo spogliatoio e l’urlo dopo un gol. Però sono sicuro che conoscerò altre emozioni. Dopo la Champions da giocatore sogno di vincerla da allenatore. Come Ancelotti, che sarà sempre un esempio per me: ha saputo dosare bene bastone e carota. Ma anche Mutti e Cagni mi hanno insegnato tanto”.