LA GAZZETTA DELLO SPORT.«No a Pazzini e Milito insieme»

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Stramaccioni non li vede dall’inizio e carica: «Inter viva, credo ancora nel 3o posto»

(Getty Images)

Nonostante la mezza delusione per il pari di Cagliari, Andrea STRAMACCIONI al terzo posto crede ancora. «l’Inter è viva e propositiva, continua a lavorare con quell’obbiettivo. Già da domenica ho visto nei ragazzi la giusta grinta, la stessa mostrata dopo i due gol dei sardi. Ed è ovvio che col Siena servirà l’Inter migliore, altro che turnover».

Se un posto in Champions non è un tabù, lo diventa invece Mario BALOTELLI. Per lui Strama spende parole importanti. «Mario è un patrimonio importante del calcio italiano, ma è del City e io ora penso solo alle sette gare che ci mancano. Se poi sono domande in chiave mercato, rivolgetevi ai miei dirigenti. Anche Destro è molto cresciuto. Non posso dire se gli consiglierei di passare a una grande già da giugno, ma quando allenavo le giovanili della Roma e lui segnava valanghe di gol nei Giovanissimi nazionali dell’Ascoli, provai a prenderlo. Gli auguro ogni fortuna, a partire da giovedì».
Il futuro immediato dell’Inter passa soprattutto dall’efficienza del tridente offensivo. Perché aspettando SNEIJDER, si va avanti col 4-3-3. «Io e seguo il mio credo tattico, con un solo centravanti. Per questo non possono coesistere dall’inizio Milito e Pazzini. Giampaolo si fa sempre trovare pronto, ma come esterni del tridente ora abbiamo Alvarez, Forlan e Zarate. Riky non ha i 90′ nelle gambe, ma può giocare dall’inizio. Lo staff medico del resto mi restituisce gli infortunati già pronti. Mauro si allena con entusiasmo e gioca bene. Forlan invece non capitalizza l’ottimo lavoro che fa in settimana. E la parte destra dell’attacco è quella in cui viene meno valorizzato. A Trieste si è sacrificato e ha dato l’assist del 2-2, ma lui per primo sa che il vero Forlan non si è ancora visto. Se però col Siena lo lascerò fuori sarà per scelta tecnica. Non certo per il rischio che i tifosi lo fischino. Non ha bisogno di tutela. I complimenti di Prandelli, che nemmeno mi conosceva, sono uno stimolo in più per fare bene. Mi sento un tutt’uno con i giocatori. Non ero un genio dopo il Genoa e non sono un fesso dopo il Cagliari».