LIGA. «C’è la crisi» Per il tribunale anche il calcio può licenziare

IL CORRIERE DELLA SERA. Il tribunale ha dato ragione all’Hercules che aveva licenziato cinque calciatori con buonuscita per le aziende in crisi…

 

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Licenziare per sopravvivere. Nel calcio spagnolo adesso si può. Il tribunale della Comunidad Valenciana, dopo oltre un anno, ha dato ragione all’Hercules che aveva chiesto per venti dipendenti, tra cui cinque calciatori, di applicare il cosiddetto ERE (Expediente de Regulaciòn de Empleo), una formula di licenziamento con buonuscita, concesso alle aziende in grave stato di crisi: per il calcio è una prima assoluta e destabilizzante. La squadra di Alicante nel 2010 era tornata nella Liga e nè gli innesti di Trezeguet e Drenthe nè la vittoria sul Barcellona  erano bastati a evitare la retrocessione e a dichiarare la bancarotta. In due anni le perdite della società sono arrivate fino a 34 milioni di euro (il 70% dei quali per il monte ingaggi). Le entrate sono passate da 26 milioni in serie A a 11 in serie B. Per questo al termine del mercato estivo del 2011 l’Hercules ha chiesto l’ERE per cinque giocatori in esubero, il cui salario lordo ammontava a 2,48 milioni. Piet Velthuizen e Momo Sarr hanno denunciato la società alla Fifa e si sono subito accasati al Vitesse in Olanda e al Genk in Belgio. Con una spesa per gli ingaggi di 3,5 milioni, l’Hercules ha preso 17 nuovi giocatori. E per questo gli altri tre «esodati» (Joseba del Olmo, Cristian Hidalgo e Francisco Joaquín Pérez Rufete, vecchia gloria che ha dato il suo meglio nel Valencia ma prendeva mezzo milione a stagione) hanno fatto ricorso al giudice del lavoro: le cifre, secondo loro, testimoniano che l’Hercules aveva disponibilità economica, ma ha voluto tagliare i giocatori (che avevano un altro anno di contratto) prima di tutto per ragioni squisitamente sportive. Il tribunale non ha accolto l’obiezione, sottolineando che le cause economiche che hanno portato alla dismissione dei giocatori «derivano non solo dalla retrocessione in seconda serie ma anche dalla crisi globale che affligge la Spagna». Per una società in bancarotta quindi è perfettamente lecito licenziare dei calciatori per assumerne altri meno onerosi. Forse rimarrà un caso isolato e difficilmente verrà esportato fuori dalla Spagna, ma il segnale è chiaro: anche il pallone è in piena «guerra» di sopravvivenza