CALCIOSCOMMESSE. “Pieno sostegno” da Agnelli. Si va verso il patteggiamento

CORRIERE DELLA SERA – Il presidente: “In una squadra non si resta soli”…

(Getty Images)

 

RASSEGNA STAMPANon c’è illecito, questo è il punto. Antonio Conte e la Juventus si sentono più leggeri per un pericolo scampato, una tagliola evitata sulla strada che porta al successo del tecnico e alla rinascita del club. C’è l‘omessa denuncia, doppia o reiterata che sia, può portare a uno stop quantificabile in mesi, sei o giù di lì, e non in anni, tre, come il reato più grave. È già un successo, anche se compensato dalla stangata arrivata sul groppone di Leonardo Bonucci, lui sì deferito per illecito. “Pieno sostegno ad Antonio Conte, Angelo Alessio, Christian Stellini, Leonardo Bonucci e Simone Pepe — il messaggio lasciato dal presidente Andrea Agnelli sul sito del club —: la Juventus è una squadra e nelle squadre ci si aiuta, si combatte, si perde e si vince. Ma non si resta mai soli. E non succederà neppure questa volta”. Tutto fila finché sopraggiunge il dubbio. “In dubio pro reo” è il principio che ha salvato Conte dal reato di illecito. Significa che le parole del grande accusatore Carobbio vengono ritenute certamente attendibili, ma non abbastanza circostanziate da incorniciare un’opera fattiva del tecnico allora del Siena nel taroccare le partite con Novara e AlbinoLeffe. “Mancando solo 4 gare alla fine del campionato — il racconto della riunione tecnica fatto il 13 luglio da Antonio Conte ai federali —, parlai molto dei miei trascorsi da calciatore, sia delle vittorie ma anche delle sconfitte, proprio per caricarli emotivamente, per fargli comprendere che, dopo un lungo cammino, sarebbe stato assurdo perdere le motivazioni proprio nel momento più delicato. Escludo di aver mai detto ai calciatori che il pareggio sarebbe potuto essere un buon risultato anche perché, in tal caso, avrei vanificato tutta la mia opera motivazionale”. Circostanza confermata in blocco dallo spogliatoio e su cui Conte ha calato il jolly del rancore personale per smentire il pentito che lo accusava di aver apparecchiato la combine col Novara.