Buffon: “Milan favorito per lo scudetto, ma la Juve vuole stupire”

 Buffon: “Milan favorito per lo scudetto, ma la Juve vuole stupire”

Il portiere bianconero ha rilasciato una lunga intervista a Sky

 

 

(getty images)

Gianluigi Buffon ha rilasciato una lunghissima intervista a Sky in cui ha parlato della Juventus e del suo ruolo all’interno del club bianconero.

Ecco le sue parole:

 

 Un anno fa, di questi tempi, avevi appena la prospettiva di tornare ad allenarti con i tuoi compagni. Oggi, un anno dopo, sei di nuovo Buffon. E’ stato tutto così scontato?

No, perché dietro a ogni salita che ognuno di noi fa, per tornare alla normalità ci sono sempre dei passaggi, dei sacrifici e delle rinunce.  

Hai temuto di non poter tornare quello di prima?

Sinceramente no, perché non ho mai avuto questo tipo di paura. Pensavo non fosse arrivata ancora l’ora di ammainare la bandiera. Tutta questa consapevolezza e serenità interiore mi ha fatto vivere discretamente bene anche i periodi più cupi.

C’è qualcuno che devi ringraziare o ci sono delle rivincite che vorresti prenderti?

No, di rivincite non ne voglio prendere con nessuno, perché prendersene, secondo me, non è mai una cosa nobile. Dimostreresti di essere uno dei tanti e io non mi sono mai sentito così. Devo ringraziare tante persone, a partire anche da me stesso, perché penso di aver avuto un ruolo importante in questa rinascita. Anche il lavoro che ho svolto con il mio allenatore è stato molto importante. Ha messo giù un piano di lavoro molto bello e molto stimolante anche per me, con degli obiettivi che ci siamo prefissi a inizio anno. E poi lo staff della Juve, ha fatto la sua parte, anche quando ero in riabilitazione Delneri e Conte mi hanno fatto sempre sentire la loro fiducia, mi hanno fatto sempre sentire importante. Anche la società quest’anno è stata molto presente nei miei confronti.

Il tuo percorso del 2011 non è tanto diverso da quello della Juventus. Hai notato questa simbiosi?

Sono cambiate, per ora tante cose, la strada che abbiamo intrapreso può sembrare quella buona, ma non siamo neanche a metà del campionato, per cui bisogna rimanere molto umili e avere sempre questa gran voglia di stupire e buttare il cuore oltre l’ostacolo, come stiamo facendo adesso, per arrivare a un piazzamento prestigioso.

Facciamo un passo indiero: com’era il tuo rapporto con Delneri? Potresti tracciare un bilancio del suo periodo alla Juventus?

Penso che lui abbia tratto il massimo dalle potenzialità della squadra dell’anno scorso, che a un certo punto era inaspettatamente troppo avanti per le proprie potenzialità. Inevitabilmente, si è afflosciata col proseguo del campionato, più che altro per la mancanza numerica dei giocatori. Abbiamo fatto due mesi (gennaio e febbraio) nei quali la presenza dei giocatori della Primavera era quasi assidua, sia in campo che in panchina. Anche di fronte a questo tipo di emergenze, credo che l’allenatore non abbia nessuna colpa. Il mio rapporto con lui è stato sempre molto bello, schietto. Queste sono cose che mi porterò sempre dentro per poter giudicare una persona, al di là del proprio operato.

Da Del Neri a Conte: il tuo ruolo, per la società e all’interno del gruppo, è tornato a essere centrale. Quanto c’è, in questo, del lavoro dell’allenatore?

Penso che, almeno inizialmente, la sua volontà di tenermi a tutti i costi e di far sì che rimanessi in un ruolo importante all’interno di questa squadra, abbia contato molto. In molti casi, la forza te la danno anche le prestazioni. E’ anche vero che quel ruolo da gregario, un ruolo un po’ defilato come quello dell’anno scorso, non mi si addice.

Era solo colpa dell’infortunio?

Sicuramente un po’ per l’infortunio e un po’ perché anche io, quando mi impunto su questioni di principio, divento ingestibile. Alcune colpe, probabilmente, le ho avute anche io. Alcune mancanze le ha avute senz’altro anche la società. Credo che anche loro abbiano tratto delle valutazioni che magari inizialmente ritengo fossero errate. Ne abbiamo parlato, abbiamo chiarito”.

E’ rinato un rapporto?

Si, posso dire che è rinato un rapporto con la società.

Che Antonio Conte hai ritrovato dopo averlo conosciuto come compagno di squadra?

Le similitudini con quando era giocatore sono impressionanti, nel senso che la voglia di vincere, di non essere mai superficiale o banale e di trasmettere la cultura del sacrificio e del lavoro, sono rimaste intatte in lui. Parla molto di più adesso perché è allenatore. Una volta era più taciturno e parlava sempre con quei 4 o 5 con i quali aveva più rapporto. E tra questi c’ero anche io. Di lui ho avuto sempre un bellissimo ricordo. Insieme a Ferrara, Del Piero, Tacchinardi, Pessotto, è stato un compagno che ha fatto sì che il mio inserimento alla Juve avvenisse in modo più veloce.

Tocca anche a te adesso quel ruolo?

Io adesso ho già tanti problemi, nel senso che quando sei portiere sei così tanto preso dal tuo ruolo che nelle questioni di spogliatoio o di allenamento ci entri relativamente. Mi piace dire la mia ed essere ascoltato, ma per altre cose credo che sia giusto che chi vive in modo più continuo il gruppo si prenda questo tipo di responsabilità: abbiamo Del Piero, Conte, Chiellini, Marchisio… Mi piace, ogni tanto, delegare perché devo pensare anche a me.

Che cosa manca per poter dire, anche per il tuo severo giudizio, che la Juventus ha le caratteristiche per tornare a vincere?

Manca tempo, nel senso che tra 4-5 mesi capiremo se abbiamo avuto quella continuità che stiamo avendo adesso. C’è la voglia di stupire.

Si può già valutare quanto vale l’effetto Juventus Stadium.

Posso dire che da quando c’è stata quella presentazione inaugurale, dentro mi è scattata una scintilla molto importante. Poter giocare le partite con tanto pubblico così caloroso mi tiene vivo, mi regala emozioni forti anche se la partita non è di cartello. Ci sono giocatori ai quali il pubblico così vicino può dare fastidio, perché mancano di personalità: ma nella Juventus di quest’anno non ci sono giocatori che hanno questi problemi.

Alla fine sarà davvero corsa a due tra Juventus e Milan?

Penso che il Milan sia la squadra più forte e, di conseguenza, la favorita. Poi, credo che tra noi Udinese e Lazio, e l’Inter, se dovesse inanellare una serie di 6-7 vittorie consecutive, potremo giocare per uno dei primi tre posti, per un piazzamento in Champions.

Marchisio è un leader?

Claudio è il giocatore che quest’anno ha sorpreso di più in positivo. E’ stato bravo lui, ma anche l’allenatore a trovargli il ruolo congegnale per le caratteristiche che ha sempre avuto. Ha un grandissimo senso dell’inserimento, è uno che lotta sempre. Quest’anno ha fatto quell’ultimo gradino che gli ha permesso di diventare un leader.

Ti aspetti di rimanere nelle pagine dell’album della Juventus?

Io non mi aspetto niente, nel senso che sono abbastanza disilluso. Però, sicuramente credo che, come in tutte le cose, se c’è la buona volontà e c’è, più che altro, la voglia di parte di entrambi, le cose di fanno. Per me la Juve è stata sempre la prima scelta e questo è innegabile.

Probabilmente, sarà l’ultima stagione per Del Piero alla Juve, dopo quei 10 minuti giocati da lui nel finale a San Siro, ci fu un tuo abbraccio particolarmente caloroso: sembrava una sorta di riconoscimento. E’ stato così?

Aspettiamo a dire che è l’ultima, perché lui alla fine è sempre abituato a sorprenderci e a sorprendere. Se dovesse essere così, sicuramente sarà un grande dispiacere, perché abbiamo passato tanti anni insieme, tante situazioni positive e felici, molte anche negative ed infelici. Per cui, quando condividi così tanto, è normale che sei più legato ad una persona rispetto ad  un’altra. Si, ricordo quella volta a San Siro, l’ho abbracciato prima di tutto  perché eravamo felici di aver vinto una sfida così importante. Secondariamente, perché era entrato all’ultimo quarto d’ora e, diciamo la palla, ha fatto morire la partita, nel senso che la palla arrivava a lui e la teneva sempre, non gliela rubavano mai, non ha più permesso all’Inter di avere una certa continuità nel forcing finale. Queste sono qualità che pochi giocatori hanno, di poter entrare e poter decidere se la partita deve durare ancora o deve finire. Lui può farlo.