BALDINI: “Luis Enrique mi è piaciuto subito. Avevo chiesto anche a Guardiola di venire a Roma”

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CONFERENZA STAMPA FRANCO BALDINI -Le dichiarazioni del nuovo direttore generale della Roma nella conferenza stampa di presentazione a Trigoria.

Un ritorno che fa molto effetto. Perché è tornato?

Sono 10 mesi e non ho ancora la risposta: ho detto di sì senza neanche considerarla, quando ho parlato con Tom DiBenedetto gli dissi non c’è una ragione per cui debba lasciare la qualità della vita che ho a Londra e un lavoro che mi lascia tanto tempo libero, non c’è motivo per cui io debba tornare in un posto dove c’è il tutto contro tutti e gli dissi di si, non c’è una risposta…

C’ è qualcosa che si può cambiare?

Sì i biglietti, la chimera del posto omaggio che in America non esiste. Lo status symbol è essere in grado di comprarsi il biglietto nei posti migliori, io me lo ero un po’ scordato, in Inghilterra è diverso i più facoltosi sono coloro che spendono di più per il biglietto, non è una rivoluzione sono tutte piccole cose che si potrebbero fare. Una delle cose più importanti e non anelare al posto come se fosse il riconoscimento che tu sei qualcuno, sei qualcuno compratelo, così potremo avere ricavi più consistenti. La prima cosa che ho deciso e che io non avrò un solo biglietto omaggio per tutta la stagione, quando voglio invitare qualcuno ne comprerò uno due e inviterò le persone…

Sarà un lungo lavoro…
“Mi farò tanti nuovi amici, mi mancava”

Il contratto di De Rossi
“La questione occupa un posto importante. Ho parlato con Daniele ma il mio interlocutore per il contratto è il suo procuratore. Incontrandolo 10 minuti, l’ho trovato molto sereno, maturo. Era un pò di anni che non lo vedevo, mi ha fatto piacere trovarlo così bello, intendo tutto. Gli ho detto che se  hai voglia di restare non importa quanto ci metteremo ma il contratto lo faremo. Lui mi è sembrato orientato a voler trovare un accordo per restare”

Su Totti
“Complimenti ai tecnici della Roma che hanno fatto fotografie e poi ci hanno lavorato con Photoshop. Eravamo in realtà molto tesi, no scherzo. Non c’è niente da spiegare. A Totti avevo anche detto se aveva letto bene quell’articolo o se se l’era fatto leggere. A me sembrava in quell’intervista di aver speso più amore che altro. Quando ho detto che a 35 anni può giocare per altri 4-5 anni potevo essere accusato per diffamazione. Io poi ho specificato che può giocare ancora così tanto se smette di lasciarsi usare. Io per primo come società l’ho fatto nel 2004 ai tempi della ricapitalizzazione. La società l’ha usato per metterci la faccia, Quante volte è stato usato per altre cose che non fosse giocare? E uno del suo talento alla sua età deve solo pensare a giocare. Il talento non è mai stato discusso. In tutto questo si è innescato il problema che Luis Enrique non lo faceva giocare. E allora si è iniziato a parlare di complotto. Allora gli ho mandato un sms dicendo di parlarne. In quell’intervista definivo lui pigro, ma non era lui pigro, ma la pigrizia è quella di lasciarsi coinvolgere in certi aspetti. Io da parte della società gli chiederò quello che si chiede a tutti i giocatori. Io lo voglio mettere nele condizioni di essere normale, è questa la rivoluzione Non è una critica nei suoi confronti. Il giorno dopo l’intervista avrei potuto chiarire come ora la mia posizione ma ho preferito che se ne parlasse per vedere che succedeva. Mi sono preso insulti, fino a che non ho avuto modo di capire con lui. Ci sono voluti 5 minuti, con lui ho sempre avuto un rapporto semplice.
Non può essere altrimenti con lui”

Tornare è una rivincita?
“No, rivincita è aver perso qualcosa prima. Io dagli anni della Roma ho avuto amore sconfinato dalla gente, assolutamente immeritato, più idealizzato, perchè rappresentavo certe battaglie anche con il presidente, perchè abbiamo vinto lo scudetto. Sono andato via perchè la politica era cambiata, e io nel giro di pochi mesi forse sarei stato mandato via io. Il rapporto è finito, ma tutto lì, nessuna rivincita”

Cosa ha visto in giro per il mondo?
“Ho visto che in Spagna il calcio è migliore che in Italia, in Inghilterra è migliore che in Spagna. Ho bisogno dell’utopia, l’uomo ne ha bisogno, non è detto che faccia male. Fuori ho trovato cose godibili. Come dice Luis Enrique è più importante il percorso, il cammino, che la meta. Durante quel percorso, come dice Fiorella Mannoia, uno quando impara a sognare non smette più. Si vuole sempre di più”.

Esiste una casta del calcio in Italia e quale sarebbero le prime tre cose che farebbe per cambiare il calcio in Italia. E come giudica il modello Juventus?

Quando ho pensato che c’era una casta, io l’ho detto. Non sono in grado di dare una risposta del genere, sono appena tornato. Il calcio per me ha rappresentato una cosa talmente godibile che ho detto ‘fammi andare a vedere se posso farlo da un’altra parte’. Noi siamo pronti a recepire qualsiasi messaggio: l’Udinese  ad esempio sta provando a giocare senza barriere, la Fiorentina l’anno scorso faceva il terzo tempo …. non ho le soluzioni in tasca. Non ho elementi per giudicare il corso delle altre squadre, ma vorrei cogliere tutti i segnali che possano istruirci.

Quale è la cosa che ha fatto nella precedente esperienza a Roma e che non rifarebbe e quella che invece vorrebbe fare ora?

La cosa che ho fatto allora e che non rifarei e che vorrei riuscire a fare adesso, è mettere il bene della società al primo posto rispetto al bene personale. Credo che sia il modo che ti consenta di non sbagliare mai. Quando il mare sarà in burrasca c’è la tendenza a difendere se stesso…

Cosa può diventare la Roma da grande, quando crescerà?

Una squadra importante, una filosofia di gioco, andare allo stadio deve diventare un piacere. Mi piace più parlare di idea, piuttosto che di progetto. L’idea di una squadra che possa produrre un gioco. Potendo fare uno, due, tre inserimenti giusti ogni anno penso possa essere la Roma che vogliamo che diventi. Abbiamo bisogno della cultura sportiva ma di sostenerla con risultati concreti.

Quando parlava con Mazzini e parlava di ribaltone nel 2005 si riferiva a questo?
“Lei fa riferimento a una telefonata in cui la trascrizione è una cosa, il tono era un altro. Era ‘cazzeggio’.  Io non osavo immaginare un ribaltone, non sono rimasto su piazza a fare il direttore sportivo. C’era speranza si, ma non lo immaginavo. La speranza è abbastanza condivisa”

Come quando sei andato via, ci sono ancora Berlusconi e Petrucci. Anche la Roma per ripartire riprende te. C’è spazio in questa nazione per il cambiamento? E poi, la Roma oggi è molto strutturata, con molte figure importanti: Fenucci, Sabatini, gli americani. Il tuo ruolo qual’è?
“Non possiamo non pensare a cambiare a migliorare, anche se le facce restano le stesse. Le persone, anche con le stesse facce, possono cambiare. Si spera che i percorsi delle persone portino un miglioramento. Non c’è una regola per cui si deve sempre rimanere uguali a se stessi. Le persone che si diventano lo diventano attraverso gli sbagli e le cose vissute. Credo e spero di essere migliore di qualche anno fa, di essere più attento, meno attento al piano personale. Si possono cambiare le cose anche con le stesse persone. Il ruolo che ho è quello di coordinare le varie attività che si svolgono, che hanno delle figure importanti. Fenucci è l’amministratore delegato e si occupa dell’amministrazione, Sabatini ha responsabilità sportive, io quella di sovraintendere e coordinare le molteplici attività della Roma e cercare di renderle armoniche, e che portino insieme lo stesso messaggio. Loro sono più importanti di me dal punto di vista specifico, io penso ad un punto di vista complessivo”

Su Totti, avete davvero rischiato di perderlo? Si può vincere in due anni come dice Sabatini  o in cinque anni come dicono Totti o DiBenedetto? Luis Enrique è già un tecnico al top ?
“Mai temuto di perderlo. L’intenzione della società è di vincere nel più breve tempo possibile, ma non posso e non voglio darmi una scadenza. Molto dipenderà da come usciamo da quest anno in cui si può formare il nocciolo, la filosofia di questo modo di giocare. Poi si può essere più precisi l’anno prossimo, magari con due inserimenti, e si potrà dire cosa possiamo fare. Di sicuro è un progetto a termine medio-lungo. C’è una determinazione nel costruire qualcosa e di metterci il tempo che ci vuole. La Roma è abituata ad aspettare 18 anni, aspettare due anni non sarà un problema. Su Luis Enrique, mi è stato detto di parlare con lui, e ho visto non sul piano tecnico, ma la persona che era. Parlammo un paio d’ore, poi gli dissi che avrebbe parlato con Sabatini della parte tecnica. Ovviamente avevo avuto un approccio con Guardiola, gli dissi se ti va di fare un salto a Roma…lui mi disse di aspettare qualche anno. Ma Luis mi è piaciuto, l’ho adorato subito come persona. I fatti mi hanno dato ragione, come persona. Perché ha un grande ascendente sui giocatori, perché non li conquisti se non hai credibilità. E questo è un grande punto di partenza. Ma fantastico, lui ieri mattina pioveva e per non arrivare tardi a Trigoria è partito alle 5. E’ davvero forte. E’ vero, che è alla sua prima esperienza. Ma il vero delitto non è nel non fare gli sbagli, ma nel non trarne insegnamento. In tutti i libri si parla di sbagli in amore e nel mondo, eppure si continua a farne. Qual è il problema. Lui è un grande allenatore, ha tutte le caratteristiche per vincere subito. Ma dobbiamo dargli gli strumenti”

Ha chiesto un nuovo stile nei confronti della classe arbitrale, la Roma si è sprovincializzata? E lei?
“Si, con le mie esperienze spero di essere cambiato io e spero, credo anche, che sia cambiata anche la classe arbitrale. Io però non ho imposto niente, ho detto che a me piace un calcio in cui non si parla per niente dell’arbitro. In Inghilterra è considerato un particolare. Quando l’ho detto a Luis Enrique mi ha detto che non si è mai interessato dell’arbitro, perfetto. Poi abbiamo parlato del ruolo importante del settore giovanile. Quindi non ci sono imposizioni, se dai dei messaggi poi speri che vengano recepiti da tutti, ma è un processo lungo.  Una volta che passa questo tipo di calcio, un calcio meno velenoso, ne guadagneremo tutti”.

Il suo arrivo è stato accolto come se la Roma avesse preso un fuoriclasse, la spaventa un po’ questo?

Da morire, è tanta la responsabilità. Questo tipo di credito è una cosa completamente nuova per me, sono sempre andato nei posti da perfetto neofita e per poi conquistarmi la fiducia piano pano, lavorando, che è più facile. Prima non avevo niente da perdere e tutto da guadagnare, adesso è il contrario, quindi sì, ho paura, ma mene farò una ragione.