Er Derby de Roma: Di Francesco e Inzaghi, traghettatori di un sogno che ancora incanta. Quante cose in comune…

Di Francesco Inzaghi
Eusebio Di Francesco e Simone Inzaghi, allenatori di Roma e Lazio

Eusebio Di Francesco e Simone Inzaghi, allenatori, uomini chiave di due squadre che dividono e uniscono la Capitale fra goliardia, dibattito e sfottò: sabato si affronteranno di nuovo, Lazio-Roma, ancora una volta, custodi di un sogno.

“Tutte le strade portano a Roma” è un detto, che suona come verità massima dai tempi antichi. Le stesse strade, fatte di asfalto e terra battuta, potrebbero condurre ai campi da calcio. Quelli delle squadre di quartiere. Allora, come le strade, le squadre che portano a Roma sono due. Lazio e Roma oppure Roma e Lazio: eterno dibattito, eterno sfottò, goliardia, per qualcuno persino scelte di vita.

Infatti, in parecchi sognano di arrivare un giorno a vestire quei colori – giallorossi o biancocelesti – partendo proprio da quelle strade che a Roma (e non solo) conducono nei quartieri, nei rioni, nei prati e nei giardini dove il calcio, forse quello più bello, si pratica con passione. Da quei campetti escono fuori anche Eusebio Di Francesco e Simone Inzaghi, oggi allenatori di Roma e Lazio, che si avviano all’ennesima stracittadina.

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Ancora uno squillo di una tromba che non si spegne mai e continua a risuonare sugli spalti sino a quel fatidico fischio finale: il derby, una partita a sé, in cui si azzerano pronostici, tecniche e tattiche e dove, forse, si torna un po’ bambini. Come se fossimo ancora al campetto e dovessimo scegliere i compagni per fare squadra. Vince chi arriva prima a dieci. Magari.

Col tempo le cose cambiano e diventano più concrete, sempre con la stessa consapevolezza. Quella che ci fa sapere da che parte stare per essere felici. In fin dei conti, il tifo, la passione, non è altro che la somma delle nostre scelte e il coraggio di difenderle. Comunque e contro chiunque.

Allora, forse, è questo che accomuna Di Francesco e Inzaghi, che – gioco forza – vanno ad incastrarsi in quel meccanismo di tormenti ed estasi che anima la Capitale. Fra chi è nato prima, chi è arrivato dopo, e chi non smette mai di crederci.

Loro ci hanno vissuto e continuano a farlo con la stessa “tigna” che tutti gli altri chiamerebbero determinazione. Ma a Roma è più bello così; è meglio lasciarsi guidare dal sentimento di due curve che non smettono di cantare, dalle quali è difficile staccarsi una volta appesi gli scarpini al chiodo.

Ecco perché Simone ed Eusebio non le hanno abbandonate quelle curve e, dopo aver messo gli abiti civili e dismesso gli scarpini, sono tornati a fare ciò che gli riesce meglio: emozionare e regalare soddisfazioni per sentirle cantare ancora, più forte, fin quando non va via la voce.

Cinque derby vissuti in carriera, di cui due da avversari in campo. Non è l’unico punto in comune. I loro destini sono passati entrambi per Piacenza, ultimo club nel quale hanno militato prima di approdare a Roma da allenatori.

Hanno smesso di emozionare sul campo, ora sono dall’altra parte, quella dei consigli, delle intuizioni, guidando quelle squadre che un tempo, non così remoto, hanno degnamente rappresentato. Non da leader, ma da uomini chiave. Quelli che spesso rifiutano le luci della ribalta, che preferiscono lavorare nelle retrovie. A fari spenti, per poi uscir fuori al momento giusto.

Questo è il loro tempo, il loro sogno, il loro progetto, la loro realtà: al timone di due organici così diversi, messi sempre sotto accusa – da presidenti, tifosi e addetti ai lavori – e idolatrati al tempo stesso. Bastano tre punti, un risultato utile, basta vincere il derby per cambiare le cose in un senso o nell’altro.

Comunque vada, però, loro saranno lì. Sulle rispettive panchine, che prima hanno ammirato da spettatori e poi vissuto da giocatori, ora è il momento di un altro film con la regia tutta loro: a dirigere un’orchestra che strozzerà in gola gioie e dolori, macinando emozioni. Quei “brividi forti” che puoi sentire, eventualmente, anche in un sabato di marzo con la primavera alle porte.

Lazio-Roma non sarà mai solo calcio, così come Di Francesco e Inzaghi – all’ombra del Colosseo – non saranno mai soltanto due allenatori. Loro sono, per romanisti e laziali, traghettatori di sogni e per questo devono lavorare con cura e delicatezza: perché un sogno può assumere varie forme, può modificarsi, può rimanere in sospeso, ma nessuno avrà mai abbastanza forza per distruggerlo. Adesso fateci sognare!

Andrea Desideri

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