LA GAZZETTA DELLO SPORT. La storia iniziò con un k.o. Poi arrivarono 13 titoli

La biografia del tecnico del Barcellona dalle pagine de “La Gazzetta dello Sport”: mise alla porta Deco, Ronaldinho, Eto’o e Ibra, ha vinto tutto…

(Getty images)

Quattro anni fa il Barcellona annunciò Guardiola, e Guardiola annunciò una rivoluzione. Deco, Ronaldinho, Eto’o ed Henry sono fuori dal progetto. I primi due vanno (Chelsea e Milan), gli altri due si adattano a quello che sta nascendo e fanno miracoli, e il resto ce lo mette quel Barça che preme per esplodere definitivamente. Messi, Iniesta, Bojan, Busquets e così via, la generazione d’oro che Guardiola plasma subito in una delle più letali macchine da spettacolo mai viste in Europa. L’inizio in campionato non te lo aspetti (k.o. per 1-0 a Numancia), ma già alla prima stagione il Barcellona di Pep centra il triplete: Liga (+9 sul Real), Coppa del Re (4-1 in finale all’Athletic Bilbao) e Champions. Quella della finale di Roma, 2-0 secco al Manchester United. Sblocca Eto’o, che da lì a qualche mese sarebbe stato sacrificato sull’altare Ibrahimovic. Ibra non attecchisce, ma anche nel 2009-10 il Barça vince tanto: campionato, Mondiale per club e le due Supercoppe. Mancano Coppa del Re (out ai sedicesimi col Siviglia) e soprattutto Champions (fuori con l’Inter di Mou), ma Guardiola si rifarà con gli interessi l’anno dopo. Via lo svedese, dentro il più funzionale Villa, i blaugrana portano in bacheca Liga e Champions oltre alla Supercoppa di Spagna. Mettendoci dentro anche quest’anno (due Supercoppe e un Mondiale per club), i numeri sono imbarazzanti: Guardiola ha alzato 13 trofei su 17 competizioni a cui ha preso parte (2 sono ancora in corso), che diventano 14 se si considera la Tercera division vinta nel 2007-08 con il Barça B. Il campionato attuale dovrebbe essere il primo che non vince: è a -7 dal Real e mancano 4 giornate alla fine. Poi il commiato del 25 maggio, finale di Coppa del Re contro l’Athletic Bilbao di Bielsa: c’è ancora qualcosa da vincere prima di lasciare spazio all’era Vilanova. Che forse, anche per merito del solco tracciato da Pep, di rivoluzioni ne vedrà di meno.