Mihajlovic malato, Zazzaroni si scusa per l’anticipazione: “Mi pento, non lo rifarei”

Sinisa Mhajlovic (Getty Images)

E’ stata una conferenza stampa struggente quella di ieri di Sinisa Mihajlovic nella quale il tecnico del Bologna ha annunciato di essere malato di leucemia e di doversi sottoporsi a cure immediate. Commozione e lacrime hanno rigato il volto dell’allenatore che si è lasciato andare anche a un piccolo sfogo.

Ho chiesto questa conferenza perché volevo darvi io la notizia e per questo volevo riservatezza. Qualcuno ha rovinato un’amicizia che durava da vent’anni. Lo ha fatto per vendere duecento copie in più“, queste le parole di Sinisa indirizzate, senza pronunciarne il nome, a Ivan Zazzaroni.

Era stato proprio il Corriere dello Sport, quotidiano di cui Zazzaroni è direttore, ad anticipare in prima pagina nell’edizione del sabato, la notizia del possibile disimpegno di Mihajlovic senza, tuttavia, rivelare l’entità del male che lo aveva colpito. Un’anticipazione che non è stata affatto gradita al serbo il quale pare abbia cercato di tenere all’oscuro, fino all’ultimo, anche i familiari della terribile diagnosi.

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Zazzaroni, le scuse a Mihajlovic su Instagram

Come sovente accade in questi casi, gli utenti sui social, una volte scoperto chi fosse il destinatario dell’accusa dell’allenatore felsineo, non sono stati teneri nei confronti di Zazzaroni il quale, stamane, ha pubblicato sul Corriere un editoriale (poi condiviso su Instagram) nel quale si scusa con Mihajlovic

“Ho fatto il giornalista e non l’amico. E non lo rifarei. Lo conosco da 20 anni, e avrei dovuto attendere un’altra mezza giornata per lasciare che fosse Sinisa stesso a raccontare tutto. ‘Sini’, di fronte al tuo dolore, so di aver fatto la scelta sbagliata“, con queste parole Zazzaroni ha ammesso le sue “colpe”. Basterà per farsi perdonare da Miha ?

 

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Non mi sono perso una sola parola della conferenza stampa di Sinisa, provando a misurare ogni sua frase, ogni espressione dello sguardo, i gesti, le battute, come ipnotizzato dai suoi occhi. Lucidi. «Ma non è paura», ci ha rassicurati. Mi ha raggelato, il giorno prima avevo urlato in redazione tutta la mia rabbia quando intorno alle 17 mi avevano raccontato che l’amico di vent’anni era malato di leucemia e che molti sapevano. Deve sempre prevalere l’angoscia di chi soffre, e allora mi pento per la prima volta di aver fatto il giornalista e non l’amico di vent’anni, l’amico che per l’intero pomeriggio di venerdì aveva dovuto rispondere a decine di altri amici e tifosi, e che aveva cercato più volte al telefono l’amico di vent’anni, e poi Arianna, la moglie, e Sabatini, e Mancini, e il dottor Nanni, l’unico in grado di fornirmi delle certezze e qualche rassicurazione. «Fattelo dire da lui», il consiglio di Sabatini. Ma lui, Sinisa, non ha risposto. La scelta. Sì, ho fatto il giornalista e non l’amico che avrebbe dovuto attendere un’altra mezza giornata per lasciare che fosse lo stesso Sinisa a raccontare. Dopo aver ascoltato le sue parole e aver visto il suo volto, riconosciuto il coraggio di sempre, ho capito che mi sarei dovuto scusare pubblicamente con lui: avrei dovuto fare l’amico, “Sini”, come nei vent’anni precedenti, non il giornalista che peraltro ha raccomandato a suoi di non scrivere una riga sull’entità della malattia. L’ultima verità. Quella parola che fa paura. Dovevo fare una scelta, di fronte al tuo pianto, al tuo dolore, so di aver fatto quella sbagliata. Si discute di notizie false, fake news, e si arriva a scandalizzarsi per notizie vere. La privacy? Forse solo i social hanno il diritto di ignorarla, visto che gli interessati se ne servono per confessarsi pubblicamente? Se uno non segue Facebook o Instagram o Twitter, legge semplicemente un giornale, deve non sapere? Non pensavo ieri e non penso oggi di aver arrecato un danno a Sinisa: ho solo sfogato il dolore per una notizia che non avrei mai voluto ricevere aggiungendo un affettuoso incoraggiamento. Meglio un rimorso confessato che una macchia nel cuore.

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