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Tre anni senza Cruijff, il calciatore totale

Tre anni senza Cruijff

La storia del calcio è divisa in due ere: quella prima di Johan Cruijff e quella dopo. In Europa, nessuno può considerarsi al di sopra di lui. Ci lasciava tre anni fa, il 24 marzo del 2016, a causa di un tumore ai polmoni. Perché, da buon olandese, di due cose non poteva fare a meno: del pallone e della sigaretta.

Nato nel posto giusto e al momento giusto. Non esiste miglior modo per definire la sua esistenza. Perché mentre lui affinava la concezione di tempo e spazio fra le vie di Amsterdam, Rinus Michels preparava l’Olanda all’arrivo del “calcio totale”. E non c’era contesto tattico migliore per Cruijff, il “calciatore totale”.

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Con la maglia dell’Ajax ha vinto tutto quello che c’era da vincere. Comprese tre Champions League di fila, una di queste alzata al cielo proprio da lui. Nel 1973, dopo che lo spogliatoio decise di non votarlo ancora come capitano, andò via. Un po’ per la delusione, un po’ per la voglia di cambiare. E, a proposito di momenti e tempi giusti, proprio quell’anno la Spagna decise di aprire il mercato agli stranieri. Iniziava così un’altra grande storia, quella fra Cruijff e il Barcellona.

Prima da calciatore e poi da allenatore, l’olandese ha cambiato la mentalità del club catalano. Che ha conservato il suo messaggio negli anni, fino al ‘Tiki Taka’ di Pep Guardiola, uno dei mentori dell’olandese. Nel 1981, dopo un’esperienza in America (e una piccola apparizione con la maglia del Milan nel Mundialito per club), tornò per due stagioni all’Ajax, senza però lasciare il segno. Prima di appendere gli scarpini al chiodo, firma un ultimo contratto di una sola stagione. Con il Feyenoord. Sì, gli eterni rivali dei ‘Lancieri’. Ma questa decisione non ha mai incrinato il suo rapporto con la tifoseria dell’Ajax.

Cruijff non ha mai lasciato il calcio. Dopo il ritiro, ha fatto sia l’allenatore (di Ajax e appunto Barcellona), poi anche il dirigente. In entrambe queste vesti ha sempre portato avanti il suo credo, le sue regole per crescere e coltivare il talento. Ne sono 14, come il suo numero di maglia. Mai banale.

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Pasquale La Ragione