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CALCIO. ORIALI: “Ero juventino, che vita all’Inter”

LA GAZZETTA DELLO SPORT – Lele Oriali fa 60 anni domani: “Passai ai nerazzurri, tutto cambiò. E ora non ci dormo più”…

(getty images)

RASSEGNA STAMPA – (A. Cerruti) – Una vita da Oriali e non soltanto da mediano, come canta Ligabue. Una vita da giocatore e dirigente, vincente ovunque, che oggi, alla vigilia dei suoi primi 60 anni, si sente in forma come a 30, quando diventò campione del mondo con l’Italia di Bearzot. “Sto benissimo e mi considero fortunato, per come ho vissuto. Nessun rimpianto, nemmeno per il maschio mai arrivato, sono felice con cinque donne in famiglia: mia moglie Delia, le quattro figlie Veronica, Valentina, Francesca e Federica, tutte laureate”. Mediano dai piedi buoni, che ha segnato 43 gol in 392 gare ufficiali, 6 nel derby, Oriali si guarda indietro e ricorda. “Da ragazzo insaponavo i clienti facendo il garzone in un negozio di barbiere, per guadagnare qualche lira. Giocavo nel Cusano Milanino, io terzino destro, Maldera terzino sinistro, povero Aldo, quando un giorno il mitico “sciur” Crippa venne a casa a dire che mi voleva l’Inter. Ero juventino, mio papà mi aveva portato a Varese a vedere la Juve di Castano e Salvadore, il mio idolo era Menichelli, un’ala sinistra. Ma per 100 mila lire a 13 anni passai all’Inter e da quel momento interista a vita“. Quattro anni coi giovani, poi la prima convocazione con i titolari, nel 1970, con Invernizzi. “Eravamo a Roma, vigilia contro la Lazio, mi mettono in camera con Burgnich. A cena non dico una parola, per rispetto nei confronti degli anziani che oggi non c’è più. Salgo alle 8 e mezzo, mi infilo a letto e spengo la luce, emozionatissimo. Quando entra Burgnich mi dice: “Dormi già?”. Gli spiego che non volevo disturbarlo e allora mi mette a mio agio, chiedendomi della mia famiglia. Lui e Facchetti mi hanno aiutato più di tutti”. Poi debutto contro la Roma e scudetto al primo colpo. Da promessa a realtà, in un’Inter sempre più giovane. Bordon e Beccalossi sono stati i miei amici più cari. Peccato per il Becca, quello che ha avuto meno successo per le sue qualità. Il più forte, però, è stato Maradona. Ricordo un’amichevole con la Nazionale, quando aveva 18 anni. Bearzot mi disse di controllarlo, ma io l’ho soltanto visto”. Dopo il primo, ecco il secondo scudetto nel 1980, con l’ombra di un mancato trasferimento. “Devo molto a Bersellini, al Presidente Fraizzoli e a sua moglie Renata. Mazzola, invece, mi cedette all’Ascoli in cambio di Pasinato, senza nemmeno avvisarmi. Dissi che piuttosto avrei smesso di giocare, saltò tutto e fui felice di essere rimasto, prima di tornare in buoni rapporti con Mazzola“. Titolare anche in Nazionale, a Spagna ’82: Bearzot si rivelò un grande stratega, facendoci vincere un mondiale storico, anche se dopo la finale non ci volevo ancora credere. Ero in camera con Zoff e Scirea e ogni tanto ci dicevamo “Ma siamo sicuri di avere vinto?”. E allora telefonavamo a casa per sentire il rumore dei clacson”. Dall’Inter alla Fiorentina, quindi una nuova carriera vincente. “Devo ringraziare il Presidente della Solbiatese, Caravatti. Mi propose di fare il d.g. e passammo dai Dilettanti alla C2. L’anno dopo, fui chiamato a Bologna da Gazzoni. Dalla C salimmo in fretta in A e io portai Baggio. Poi a Parma, dove vince Coppa Italia e Coppa Uefa nel 1999. E a quel punto Moratti lo chiama all’Inter. “Un ritorno nella mia seconda famiglia, anche se l’Inter non mi ha mai fatto dormire. Mi agito ancora adesso, non come quando giocavo, ma quasi. Ho lavorato con Mancini, bravo e fortunato, con Mourinho, abile e furbo, 11 anni culminati con la Champions a Madrid. Tornammo per incontrare i tifosi e alle cinque del mattino nel garage dello stadio trovai Ligabue con suo figlio che mi aspettava”. Ma da quella notte non è più andato a San Siro. “Questione di carattere. Il calcio, però, rimane la mia vita e se arrivasse una proposta interessante la prenderei in considerazione”. Nell’attesa elogia De Rossi, la Juve e Stramaccioni. De Rossi è quello che mi assomiglia di più, anche se io non sono mai stato espulso. La Juve merita il primo posto, l’Inter può arrivare tra le prime tre. Stramaccioni è bravo a tenere unito il gruppo, ma va lasciato tranquillo”. Con lui vicino, sarebbe tutto più facile, ma questi sono i giorni della festa, non dei rimpianti. E allora tanti auguri, grande e sempre giovane, Oriali.

Redazione Sportiva