RUGBY.+Quando+il+corpo+%C3%A8+un+romanzo
portnewseu
/2012/11/23/rugby-quando-il-corpo-e-un-romanzo/amp/

RUGBY. Quando il corpo è un romanzo

IL CORRIERE DELLO SPORT – Ioane, stella dei Wallabies, è un opera d’arte vivente: 13 tatuaggi ne raccontano la vita e la fede. “Il cattivo esempio dei miei fratelli mi ha salvato dalla strada”

(getty images)

 

Il suo corpo è un’opera d’arte, e non solo per la muscolatura e l’addome a tartaruga. Il suo corpo è un romanzo, il romanzo della sua vita. Digby Ioane è un figlio del Sud Pacifico. E’ nato in Nuova Zelanda (Wellington), è cresciuto (Melbourne) e gioca (Brisbane) in Australia, ma affonda le sue radici alle isole Samoa. Le isole dei tatuaggi. Lì decorarsi il corpo non è moda, vezzo, ostentazione. E’ una pratica che ha origini ancestrali, connaturata nella cultura di quel popolo. Il tatuaggio (tatau) è di volta in volta simbolo di nobiltà, coraggio, virilità. Quello tipico maschile (pe’a) non prevede immagini, ma l’ala dei Wallabies – che domani sfidano l’Italia a Firenze – l’ha adattato alle sue credenze religiose e così, ago dopo ago, il suo corpo racconta la storia della sua vita e della sua fede. Il risultato è una tela vivente e l’appellativo di “David Beckham d’Australia”.

«E’ cominciato tutto qualche anno fa, con un tatuaggio estivo» ha raccontato Digby al “Daily Mail”. Poi il romanzo s’è arricchito di nuove puntate. Ad oggi se ne contano tredici. C’è il volto della madre, Fia, ci sono i nomi di fratelli (ne ha otto) e nipoti, così come un intero salmo, un angelo, mani in preghiera, rosari e crocifissi. «Io sono molto religioso e adoro i simboli di Dio e di Gesù» . L’ultimo è talmente recente da non comparire neppure nei servizi fotografici: una danzatrice polinesiana sul polso destro. La schiena mostra due enormi ali d’angelo, immagine sacra ma anche metaforica. Pochi giocatori nel rugby mondiale sanno volare come Digby Ioane e se l’Australia di questi tempi è un vulcano in eruzione, dopo un deludente Rugby Championship e la spazzolata subita a Parigi, lo si deve anche ai problemi fisici che hanno zavorrato il suo terminale offensivo più pericoloso.

Redazione Sportiva