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CORRIERE DELLO SPORT. Allenatori, il circo degli esoneri

 CORRIERE DELLO SPORT. Allenatori, il circo degli esoneri

Ficcadenti che torna a Cagliari ultimo atto della nuova moda…

 (getty images)

C’è posto per tutti. Un giro di panchina non si nega a nessuno. Mettiti in fila, stacca il tuo bigliettino numerato e aspetta il prossimo esonero, perché potrebbe toccare a te. A quanto siamo arrivati? Tenetevi forte: settanta. Cioè: tra serie A e B al momento hanno allenato settanta allenatori. Al momento significa: 27ª giornata in serie A e 30ª in serie B. Vantiamoci: possiamo fare meglio. Settanta allenatori, settanta staff, settanta stipendi. Fare l’allenatore, oggi, è un lavoro sicuro. Se le panchine di A e B somigliano a giostre impazzite col freno rotto, se gli allenatori ora saltano su e ora vengono presi a calci nel sedere per far posto ad altri, se prima ti cacciano poi ti richiamano poi si pentono e poi si ripentono e non sanno più chi sei – sei tu o quello di prima? – se siamo infine arrivati a questo punto c’è qualcosa che ci è sfuggito di mano. E ci sembra normale ciò che in realtà dovrebbe preoccuparci. Perché al prossimo presidente che parla di PROGETTO (in maiuscolo, i progetti sono sempre in maiuscolo) si è autorizzati a far partire le risate preregistrate.  E’ record, ovvio.  Non ci limitiamo a cacciare gli allenatori prima che inizi il campionato (Pioli a Palermo, Donadoni a Cagliari), ma allestiamo veri e propri giri dell’oca col brivido (Grosseto: Ugolotti, Giannini, Viviani, di nuovo Ugolotti; e allo stesso modo Empoli: Aglietti, Pillon, Carboni, di nuovo Aglietti).  Il problema, per gli allenatori, è che ora navigano in una marmellata di mediocrità. Salvo rare eccezioni, non hanno tempo per dimostrare quanto valgono. E’ un mondo adulto, si salta in sella da professionisti. Non si lamentano. Non possono farlo. Sanno che la giostra è questa. Stai fermo un giro, poi riparti. Fare bene o fare male, in fondo, non conta poi tantissimo. E’ un dettaglio. Mihajlovic a Firenze: 12 punti in 10 partite, media di 1,2. Delio Rossi, il suo sostituto: 20 punti in 17 partite, media 1,17. Siamo lì, no? Malesani al Genoa: 1,2 di media. La stessa di Marino. Colomba a Parma, media di 1,2. Donadoni? 9 partite, 9 punti. L’eccezione, la vera eccezione, la più rilevante, è quella di Bologna. Con Bisoli 1 punto in 5 partite, con Pioli 34 in 22: 1,5 punti di media. Ma va detto per onore di cronaca: dopo l’esonero di Bisoli, il Bologna aveva trattato sia con Ballardini che con Delio Rossi. Entrambi rifiutarono, e allora vai con la terza scelta. Che poi si è rivelata una scelta da first-class. Cosa conta, allora? Il momento storico (per dire: cosa sarebbe successo a Palermo in altri tempi dopo tre sconfitte di fila come quelle che ha incassato Mutti?), le bizze e l’umore del presidente, la piazza che mugugna o meno, l’approccio, forse la simpatia, la capacità di proporsi e di accendere la fantasia di chi ha deciso di puntare su di te. Ecco: all’allenatore moderno basta accendere una fiammella nel buio. Che poi si spenga al primo « pppfff » è tutto un altro discorso.

Redazione Sportiva