Il caffè può proteggere i reni: ecco quanto berne al giorno

Il caffè non ha solo il “potere” di risvegliarci quando siamo assonnati, ma può influire positivamente sui reni. Scopriamo in che modo (e quanto berne).

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Caffè (Pixabay)

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Chi di noi non ha mai bevuto un buon caffè? Soprattutto la mattina, prima di andare al lavoro, quando ci serve la carica giusta per affrontare al meglio la giornata. La caffeina è la spinta giusta per risvegliarsi, contribuisce a riattivare il nostro corpo e il nostro cervello, a ha anche tantissimi altri benefici. Ovviamente il consiglio (anzi, l’indicazione scientifica) è sempre quello di non esagerare, per non rischiare di incappare in qualche problematica legata all’eccessivo consumo di caffè che, di fatto, può rendere iperattivi. Ma la cosa sicuramente più interessante è che numerosi studi hanno dimostrato e confermato che alcuni composti di quella che è assolutamente tra le bevande più consumate, tra cui appunto la caffeina, ma anche i diterpeni e l’acido clorogenico, che si sviluppano dopo il processo di tostatura dei chicchi, sono un vero e proprio toccasana per la salute.

Consumare abitualmente caffè quindi può essere veramente un fattore da non sottovalutare, soprattutto se si considera quali incredibili benefici questa pratica (semplice e veloce) può comportare. Bere quotidianamente caffè è, infatti, associato alla prevenzione delle malattie croniche e degenerative, tra cui ad esempio il diabete di tipo 2, ma anche le malattie cardiovascolari e le malattie del fegato, con quest’ultimo organo che invece risente spesso del consumo eccessivo e sproporzionato di alcolici di vario tipo. In particolar modo però, recenti studi hanno dimostrato che il consumo quotidiano di caffè ricopre un ruolo determinante nella salute dei reni, altra zona di fondamentale importanza per il nostro organismo. Scopriamo dunque quali sono i benefici della caffeina per il nostro corpo e per il corretto funzionamento dei nostri organi più importanti.

Come il caffè impatta sul benessere dei nostri reni: ecco lo studio che spiega i benefici della caffeina

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Tazza di caffè (Pixabay)

Partiamo da un dato di fatto: bere caffè fa bene, purché non si esageri con la quantità. Di recente, un ampio e approfondito studio dell’ARIC (Atherosclerosis Risk in Communities), è riuscito a dimostrare che chi consuma quotidianamente caffè, rispetto a chi non lo beve affatto, ha anche reni più sani e un rischio ridotto di malattie renali croniche, in particolare di danno renale acuto (AKI). I risultati sono stati poi pubblicati sulla rivista Kidney International Reports, a dimostrazione della loro validità e veridicità. Prima di capire quali siano stati questi risultati però, va aperta una parentesi sul fondamentale ruolo dei reni: oltre ad avere una funzione di depurare l’organismo dalle sostanze inutili e dannose (che l’essere umano rilascia attraverso l’urina), e soprattutto di regolare la quantità di acqua e di sali presenti nell’organismo, questi due importantissimi organi contribuiscono anche ad altre funzioni quali il controllo della pressione arteriosa, la formazione del sangue (ematopoiesi) e il metabolismo osseo.

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Ma cosa succede quando, per esempio, i reni smettono di funzionare? Quando le funzionalità smettono di procedere correttamente, le sostanze di scarto tendono ad accumularsi nel sangue provocando una vera e propria intossicazione del nostro organismo. Accanto a ciò, possono verificarsi altri problemi di salute da non sottovalutare e che influiscono sul nostro benessere. Ecco che entra in gioco la caffeina: come anche altri composti, quest’ultima ha effetti protettivi cardiorenali veramente sbalorditivi. In particolare, riduce il rischio di malattie renali acute, le cosiddette AKIPartendo proprio da questa ipotesi, gli esperti citati in apertura di articolo hanno portato avanti un interessante studio utilizzando i dati dell’Atherosclerosis Risk in Communities Study: si tratta di un’indagine ancora in corso sulle malattie cardiovascolari in quattro comunità degli Stati Uniti, che ha interessato un totale di 14.207 adulti, reclutati tra il 1987 e il 1989, con un’età media di 54 anni.

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Lo studio si è svolto con sette interviste i partecipanti durante 24 anni, ed è stato chiesto loro il numero di tazze di caffè consumate (circa 220 grammi) ogni giorno: il range partiva da zero, poi uno, da due a tre o più di tre. Il consumo è stato poi confrontato con l’incidenza dell’AKI e dunque con la possibilità che si sviluppassero problemi gravi ai reni. I dati hanno mostrato che il 27% non ha mai bevuto caffè, il 14% beveva meno di una tazzina a giornata, il 19% invece consumava almeno una tazza al giorno, il 23% beveva tra le due e le tre dosi di caffè durante il giorno e ben il 17% andava oltre le tre giornaliere. Il consumo di caffè era più alto tra i maschi, gli individui di razza bianca, i fumatori e le persone senza una diagnosi di diabete. Risultato? Chi ha ammesso di consumare abitualmente caffè ha registrato un rischio di complicazioni inferiore del 15%, con coloro che hanno detto di bere due o tre tazze al giorno che hanno sfiorato percentuali pari al 22-23%.