MILAN. GATTUSO: “Non potrò mai scordare i rossoneri”

Il centrocampista ora in Svizzera non scorda i rossoneri.

A circa sei mesi dal suo abbandono alla maglia rossonera Gennaro Gattuso attraverso il Guerin Sportivo ripercorre la sua carriera con il Milan.

Io amo il Milan. E’ stato un sogno che è durato 13 anni. Mi considero un ultrà che ha avuto il privilegio pazzesco di alzare la Coppa dei Campioni, di vestire la fascia da capitano e di essere diventato il sesto milanista di ogni tempo per presenze in campo. Perché non sono più al Milan? Io ho un grandissimo rapporto con la società che ringrazierò sempre, ma volevo continuare a giocare. Mi hanno fatto sentire sì importante, ma in un ruolo diverso da quello che volevo io. Allegri? Io con Max ho un grande rapporto. Siamo stati compagni di squadra, abbiamo vinto uno scudetto insieme, ma quando senti certe parole fai fatica a digerirle. Io ho un carattere che mi ha fatto tanti errori, ma se sono anche riuscito a fare parecchie cose buone è sempre per via del mio carattere testardo e orgoglioso. Quando sento di essere un disturbo, prendo e vado. Lo faccio in famiglia, con chi mi vuole bene, figurarsi se c’è di mezzo il lavoro. Ho bisogno di sentire vibrare, di turbarmi per ciò che faccio. Questo non era più possibile e allora ho deciso di togliere il disturbo. Al Milan mi rimpiangono? Io non so ancora andato via dal Milan. Lo sento dentro. In questi mesi ho evitato di andare in sede a salutare le persone cui voglio bene, ma l’ho fatto soltanto perché altrimenti sarebbe scoppiato il finimondo sui giornali. Però sentire che si parla bene di me, che ci sono affetto e stima, mi fa capire che ho preso la decisione giusta e che vale la pena essere dei passionali sul lavoro. Io sulla panchina del Milan? Mai affrontato questo discorso con nessuno. Mai, lo giuro. Non è con una telefonata di 5 minuti che si fa una cosa del genere. Il Milan è troppo per me, devo ancora mangiare tanta polvere. Però mi piacerebbe intraprendere la carriera da allenatore: la convinzione mi è venuta durante il corso a Coverciano. Ho voglia. Le parole sull’anarchia nello spogliatoio rossonero? Le ho dette con il cuore, ma ho sbagliato. Non si possono muovere critiche soltanto perché vedi delle dinamiche che non rispondono al tuo codice. In questo aveva ragione Ancelotti, che mi diceva sempre: “Vedrai Rino, i calciatori non sono tutti uguali, nessun cavallo corre come un altro”. Ora lo comprendo. L’errore è pretendere che la generazione dopo di te sia uguale alla tua. Non mi piacevano i capelli di El Shaarawy, le sopracciglia. Forse adesso gli mancheranno i miei schiaffi. Ma ripeto: sbagliavo io. Lui sta anzi dimostrando di essere un fenomeno. L’inizio difficile? È curiosa questa cosa: quando noi senatori eravamo lì e si prendevano le mazzate era sempre colpa di noi vecchi. Oggi lo è perché non ci siamo più. È chiaro però che avere lasciato partire otto senatori e due fenomeni ha avuto un peso enorme. La cosa più importante, molto importante, è comunque aver passato il turno di Champions League. È stata decisiva la volontà di Berlusconi e Galliani di difendere Allegri nel momento più difficile. Nessuna società al mondo avrebbe avuto quella forza e quel coraggio