LONDRA 2012. L’ITALIA affonda la BULGARIA. E poi commuove ricordando VIGOR

LA GAZZETTA DELLO SPORT – Azzurri bravi in campo e ancor più sul podio dove portano la maglia n.16 del compagno scomparso. Savani: “Ce lo meritavamo”…

(getty images)

 

RASSEGNA STAMPA (G. Pasini) – Quando l’Italia sale sul podio in tuta, a ritirare la medaglia di bronzo, c’è una maglia numero 16 che passa di mano in mano, una è quella di Vigor Bovolenta. “L’avevo promessa a un amico che non c’è più, non potevo tornare senza…”, aveva confidato poco prima di salire Cristian Savani, capitano davvero coraggioso nell’ultima partita di questa prima (e come dice lui) “ultima Olimpiade” con 23 punti (7 ace). E’ lui la faccia di un’Italia che non si arrende. “Ho dato il 110% di quello che avevo – continua il capitanonon avrei permesso a nessuno di rovinarmi questi Giochi. Chi c’è arrivato davanti, Russia e Brasile, onestamente aveva qualcosa in più, ma noi ci siamo. Due anni durissimi di lavoro, per questa”. Tocca la medaglia. E con la mente ripensa alla partita con la Bulgaria. Dopo un primo set dominato e un secondo che è fuggito via su una palla contestata. E poi il terzo iniziato in apnea dagli azzurri sotto 0-4, con i bulgari di Camillo Placì scatenati e l’Italia che non riesce a respirare. Non riesce a ragionare. “In quel momento ho pensato che non poteva finire come a Vienna – dice Savaninon era giusto. Non lo volevamo. Abbiamo tirato fuori il nostro cuore”. E pure i muscoli. Ognuno porta il suo contributo, come Berruto aveva solo sognato accadesse. Questa volta l’Italia c’è. “Era arrivato il momento che ci andassimo a prendere una soddisfazione noi. Ci brucia ancora troppo quella sconfitta all’Europeo, quella finale persa”. Nel quarto set l’Italia prova a volare. Non può essere una partita spettacolare. Ma pulsa, si muove, è come una cosa viva, come la squadra che Berruto ha messo in campo. Ognuno si gioca una parte di passato e una parte di futuro, questa volta non vuole mollare, ognuno con le sue debolezze e con le sue qualità. Michal Lasko torna quello splendido ariete della Coppa del Mondo, adesso lo conoscono tutti i muri avversari, lo braccano, lo marcano, ma lui riesce a svincolarsi e quando non fa punto in attacco risolve a muro. Travica corre dietro ai palloni, cercando di smarcare i suoi schiacciatori. Poi è il momento di Birarelli, su cui i compagni scherzavano per le medaglie di legno conquistate fino a qui. Azzecca il muro del 17-16, poi in battuta fa male ai bulgari, che capiscono che è finita. L’Italia si alza in piedi e un attimo dopo l’ultima palla si abbraccia e e poi scala le tribune: a baciare figli, genitori, mogli e fidanzate. Prima di portare quella maglia numero 16 sul podio.