LONDRA 2012. Abisso SCHWAZER

LA GAZZETTA DELLO SPORT – “L’Epo in frigo e l’ansia dentro. Tutto di nascosto dalla fidanzata”. “Comprai il doping in Turchia: perdendo a Londra sarei stato un fallito. Ma il giorno del controllo volevo solo che tutto finisse”…

(getty images)

 

RASSEGNA STAMPA – (S. Vernazza) – Lacrime e parole, verità e omissioni. Spiegazioni, non tutte convincenti. Schwazer alle prese con la marcia più difficile della sua esistenza, la conferenza stampa dei giorni dell’Epo. Delitto e castigo: “Sono dopato e merito di essere radiato”. Sullo sfondo Carolina Kostner, che Alex quasi mai chiama per nome. “La fidanzata”, la definisce. E’ raro che dica “la mia fidanzata”. “Con lei non c’è mai stata rivalità”: precisazione non richiesta, che andrebbe girata a uno psicologo dello sport. Innamoramento e competizione. Carolina si è rifugiata in qualche posto al riparo dai giornalisti. Schwazer la nomina ogni tre per due. Ad un tratto con invidia: “Lei ama il suo sport, lei pattina sul ghiaccio perché le piace. Io la marcia la pratico perché sono bravo, ma non provo piacere ad allenarmi per 35 ore la settimana. E’ dura sentirsi in colpa perché la sera prima sei andato a bere una birra”. Paura della sconfitta: “Che cosa sarebbe successo se a Londra non avessi vinto una medaglia?. Avreste parlato di me come di un fallito”. Esagerato. Pensare che Carolina l’aveva tranquillizzato: “La fidanzata mi aveva detto che sarei potuto arrivare tranquillamente decimo, però temevo le critiche”“Ho comprato l’Epo da solo. Mi sono informato su internet e sono andato in Turchia. Avevo con me 1500 euro, che ho cambiato in lire turche. Ho messo il denaro sul tavolo di un farmacista che non ha fatto domande. In certi Paesi non c’è bisogno di ricette. Sono stato via tre giorni, senza dire niente a nessuno, né ai miei né alla fidanzata. Era il settembre del 2011. E’ stato brutto stare da solo in una stanza d’albergo, sapevo quello che stavo facendo”. Tornato in Germania, Alex ha messo l’Epo in frigorifero, tra yogurt e latte fresco. E lì, a sentire lui, l’Epo è rimasta per dieci mesi, fino a luglio. “Ho detto alla fidanzata che erano vitamine B12”. Una bugia: “Non è stato facile dirla”. A luglio Alex ha tirato fuori l’Epo: “Il 13 luglio ho avuto il primo controllo antidoping. Dal giorno dopo ho iniziato a farmi le iniezioni. Sono state le tre settimane più difficili della mia vita. Dovevo mentire alla fidanzata. Mi alzavo alle 4, alle 5 del mattino perché sapevo che dalle 6 poteva arrivare un altro controllo. Una mazzata. Mi sono ammalato. Il 29 luglio l’ultima puntura, poi sono andato dai miei perché era il compleanno di mia madre e perché dovevo ritirare la tessera sanitaria, necessaria per l’Olimpiade, e un paio di scarpe per la gara. Il 30 quelli dell’antidoping hanno suonato e non ho avuto la forza di chiedere a mia mamma di non aprire, di dire loro che non c’ero. Potevo saltare il controllo perché in 18 mesi non ne avevo mancato uno. Se non avessi aperto quella porta, non sarebbe successo nulla: però non avevo la forza, non ce la facevo più a fingere, volevo che tutto finisse. Non sono fatto per imbrogliare”. Schiacciato da ansia e sensi di colpa, Alex si è consegnato alla Wada. Una fine consapevole e liberatoria. Analisi tecnica: “Ho fatto la scelta sbagliata, puntare su due gare. La 50 km la posso vincere senza doping, l’ho dimostrato. La 20 km richiede velocità nel finale. Volevo tutto, ho perso tutto”. Difficile che un dopato accusi il presunto dopatore. Per Alex il dottor Ferrari è un tecnico tra i migliori al mondo. “L’ho contattato nel 2009 e l’ho incontrato 5-6 volte. Sono stato da lui a Ferrara, per il test del lattato. All’inizio del 2011, quando c’è stato il problema coi ciclisti, ho smesso di frequentarlo. Gli ho chiesto dei consigli per la preparazione. E’ vero, il 1° maggio del 2010 ci siamo dati appuntamento al parcheggio di Verona Nord. Io arrivavo da una gara a Sesto San Giovanni. Che cosa c’è di strano?». Non è sano che un atleta e un medico chiacchierato si incontrino di straforo su un camper, ai margini dell’autostrada del Brennero. “Io da Ferrari non ho preso niente. Non devo coprire nessuno, non nascondo nulla. Nel 2010, quando parlavo con lui, ero pulito. Ferrari è un grande preparatore, volevo le sue tabelle. Nel 2009 avevo di nuovo voglia di avere una preparazione che avesse senso. In Italia spesso va tutto a caso. Come allenarsi per essere al top lo sanno fare in pochi. Ferrari è un grande. Perché Armstrong ha scelto lui? Perché i ciclisti vanno da lui? Poi ditemi il nome di un bravo allenatore di marcia. Non voglio puntare il dito contro nessuno, ma in Russia al responsabile della marcia hanno dedicato un centro: a Pechino aveva cinque atleti positivi su otto”. Sì, ma Ferrari è anche medico. Ferrari conosce la marcia come io i fiori, però sa fare la preparazione degli sport di endurance”. Mark Adams, direttore della comunicazione del Cio, ha dichiarato che l’oro di Schwazer nella 50 km a Pechino 2008 potrebbe essere ‘riesaminato’. Alex: “Spero che tutto venga rianalizzato. Spero che tutti i miei controlli ematici e antidoping siano pubblicati: ogni medico che ne capisce affermerà che non può esserci traccia di doping. A Pechino ho vinto con l’emoglobina a 12.9, un livello da anemico. Io so come sono andate le cose anche se tanti dubiteranno. Spero che tutto avvenga il più presto possibile”“Domani (oggi ndr) vado a Bologna e restituisco pistola e tesserino. Senza l’Arma dei carabinieri, a 18 anni, non avrei potuto allenarmi. Come avrei fatto, senza uno stipendio? Sarei andato a lavorare le mie sette-ore e non mi sarei dedicato alla marcia a tempo pieno”. Che cosa sarà della vita di Alex, al netto delle inchieste e dei processi all’orizzonte? “Voglio una vita normale”. Alex dovrà trovarsi un impiego, imparare un mestiere. Per ora trova la forza di scherzarci sopra: “Uno dei miei sponsor, la Despar, vuole continuare la collaborazione. Non so in quale modo. Forse potrei lavorare in uno dei loro supermercati”. Una risata, l’unica. E’ un momento. Il volto di Alex si oscura di nuovo. Qualunque cosa pensiate di lui, sappiate che Alex sta in bilico su una fune. Cadere giù è questione di attimi. Ricordiamoci di quel che accadde a Marco Pantani.