TOUR DE FRANCE. Le pagelle della diciottesima tappa. Top Schleck, flop spagnolo

(Foto Getty Images)

ANDY SCHLECK 8,5 – “Un omino con le ruote contro tutto il mondo, con un cuore grande come l’Izoard” cantava Gino Paoli. Lui su quella salita si alza sui pedali e, per la prima volta in carriera, afferra il coraggio a due mani riuscendo a far saltare il banco. L’eterno secondo scopre le carte a sessanta chilometri dal traguardo, sfrutta l’aiuto di Monfort e spacca in due il Tour. Il colpaccio, però, gli riesce a metà. I 57’’ secondi su Evans sono pochi in previsione della cronometro e riuscire ad incrementare il vantaggio verso l’Alpe d’Huez, dopo lo sforzo di oggi, non sarà impresa semplice.

FRANK SCHLECK 7 – Lo scatto di Andy certifica i ruoli: il capitano in casa Leopard è lui. Il fratello maggiore corre sulle ruote e si muove solo quando il compagno di stanza ha già tagliato il traguardo, con Evans “lessato” dal lungo sforzo. Scavalca l’australiano in classifica, ma domani il gioco di squadra dovrà premiare lui. Per evitare di bissare a Parigi la fotografia di Liegi.

CADEL EVANS 7,5 – Diventa (o rimane) il favorito assoluto. In salita è un rullo compressore, si carica il peso dell’inseguimento sulle spalle e lima un paio di minuti a Andy Schleck. Tanti ne bastano per restare a galla, in attesa della crono di Grenoble.

THOMAS VOECKLER 6,5 – Sbuffa, impreca, resiste. A tre tappe da Parigi mantiene ancora la maglia gialla, anche se il vantaggio si assottiglia ogni giorno di più. Se non è un miracolo, poco ci manca. “Vede” il podio finale e per la prima volta corre in difesa, tenendo lo scudiero Rolland accanto fino alla fase decisiva.

ALBERTO CONTADOR 4,5 – Il ginocchio malandato torna a fare capolino sulla prima asperità di giornata. Non segue Schleck perché non ne ha, parlotta con Samuel Sanchez per capire chi tra i due sarà il primo ad alzare bandiera bianca. Nel finale va in crisi e salta definitivamente. Dopo sei grandi giri vinti consecutivamente, è il segnale della resa.

IVAN BASSO 6 – Scala la classifica ed è sempre tra i più brillanti. “Se non dovessi centrare il podio non ne farei un dramma” aveva dichiarato alla vigilia della Grande Boucle. L’impressione è che, con la condizione che si ritrova, abbia fatto troppo poco per centrare l’obiettivo.

DAMIANO CUNEGO 6,5 – Il solito affanno dopo la flame rouge non intacca la certezza di averlo ritrovato ad altissimi livelli. Entra nella top five (curioso l’ex aequo con Basso) e si riscopre corridore da corse a tappe, anche se ancora lontano dall’asticella che gli consentirebbe di puntare al primato. Non è un caso che in questa stagione abbia avuto il rendimento peggiore di sempre nelle Classiche.

SAMUEL SANCHEZ 4 – Sui Pirenei era stato il migliore, sulle Alpi evapora. Le montagne di casa avevano portato alle stelle le quotazioni dell’asturiano, che dopo aver dato spettacolo anche verso Gap e Pinerolo deflagra ai piedi del Galibier. Paga un guaio meccanico ai meno dieci e da lì in avanti dà vita ad una lunga e affannata rincorsa che non gli permette di limitare più di tanto i danni  e che gli consegna la consapevolezza di non poter ambire al podio. Neppure quest’anno.

ROLLAND 7 – E’ il gregario meno celebrato e più efficace. Poco appariscente, rappresenta un’autentica manna per Voeckler, che gli inibisce le funzioni da stopper su Schleck per tenerselo accanto fino al traguardo. Il buon Pierre china il capo e va a mezzo gas fin quando è Evans a scandire il ritmo. Poi, quando le possibilità di conservare la maglia gialla aumentano, imprime un paio di accelerazioni decisive.

Marco Ferri