Torino, Ventura: “Sono stufo di parlare del mio futuro”

Giampiero Ventura (getty images)
Giampiero Ventura (getty images)

NOTIZIE TORINO – Alla vigilia della sfida contro l’Udinese il tecnico del Torino, Giampiero Ventura, ha rilasciato alcune dichiarazioni in conferenza stampa: “Sul mio futuro? Mi verrebbe da chiedere, più se sia stufo io di parlarne o delle voci, se sono stufi quelli che ne scrivono. Se scrivono per destabilizzare è deprimente; se viene fatto tanto per parlare, fa parte delle solite regole non scritte del calcio che vanno accettate. Io sinceramente sono un po’ stupito, ma mi ero ripromesso di non affrontare neanche più il problema. Queste domande dovrebbero non essere fatte a me, sinceramente: è un problema che non mi riguarda, questo. Abbiamo tante cose da fare, non dobbiamo andare dietro alle parole. Ci sono tanti giornali che parlano, in generale, di grandi acquisti quasi certi e poi sono voci che si spengono nell’arco di un mattino. Il mio lavoro è ad ampio raggio: abbiamo tante cose da fare, da vedere, da capire e da sviluppare. Nel momento in cui fai calcio, e so che è una frase fatta, contano i risultati. Se vinci sei bello, se non vinci sei brutto. Ma c’è un piccolo particolare da aggiungere: quando noi siamo partiti non avevamo come unico obiettivo il risultato. Alla mia presentazione, un giornalista mi disse che la Serie A da ritrovare era l’ultimo dei problemi; ma c’era da ritrovare la dignità. Gli obiettivi non erano i risultati sportivi, ma erano anche i risultati sportivi. Si parla di dignità e rispetto. Rispetto per me è accettare una critica costruttiva, non l’offesa personale. Quando noi siamo partiti, dovevamo rigettare delle basi che per mille motivi erano spariti. Ora io credo che quelle cose le abbiamo ricreate: penso che basti andare in giro per l’Italia. Non c’è un tifoso granata che non ringrazi – non me, in generale – perché si sente di nuovo orgoglioso. E ora c’è voglia di diventare protagonisti. Tornassi indietro io metterei la firma per quello che siamo riusciti a fare come Torino. Sono stato a una cena, di recente, con delle persone che mi hanno detto come nel loro paese, ora, quasi tutti i bambini siano diventati del Toro. E questo mi ha reso orgoglioso. Tutto questo è la base per poter costruire. Abbiamo impiegato tanto per ricostruire l’immagine del Toro: a volte sono un po’ perplesso di quello che avviene qui, ma sono cinque anni che conosco il meccanismo. Quando siamo partiti, la gente gridava, inveiva, perché ci diceva che voleva tornare a San Siro. Ero d’accordo, ma come? Forse, gridando, non pagava, visto che il Toro restava decimo in B. Oggi noi vogliamo andare in Europa. Dirlo, non serve a nulla: ci vai attraverso programmazione e lavoro. L’Inter, faccio un esempio, ha nove punte: ma sta faticando lo stesso. La cosa importante è capire cosa dobbiamo fare per ottenere ciò che vogliamo. Insulti? Non ottieni quel che vuoi. Ti deprimi? Non ottieni quel che vuoi. Anni fa avevi Bianchi, che faceva 24 gol, Gasbarroni. Gente da A, ma restavi in B comunque. Bruno Peres? È un giocatore di qualità: qualsiasi modulo si faccia, può giocare assolutamente, se resterà al Torino e spero che rimanga perché è un calciatore di assoluto livello. Cambiamento di modulo proiettato per la prossima stagione? Dipende dal mercato: se vuoi giocare con gli esterni, devi prendere quattro esterni, per esempio. Se il mercato ci darà quattro esterni, allora avremo la possibilità di cambiare. Se non li troviamo, no: puoi restare dentro questa impostazione con magari qualche cambiamenti interno, come il trequartista. E poi, in generale, dipende dalle caratteristiche dei giocatori: in base a quello che si ha, per esempio, si può mettere una linea difensiva più avanzata o più arretrata. In base a questo, noi possiamo sviluppare delle tematiche. Per cui, a prescindere, è aria fritta: la società sa quali sono le linee guida per il prossimo mercato, ma prima di poter parlare di cambio modulo, devo avere dei giocatori con i quali poterlo praticare. Sono intervenuto in una convention, con dei manager, nella quale ho detto che secondo me una volta che si ottengono grandi risultati, può essere utile l’anno successivo cambiare qualcosa. Dopo uno o due anni di risultati importanti, per esempio, penso che o ci sono grandi cambiamenti a livello di giocatori, o di staff, perché devono arrivare stimoli nuovi, obiettivi nuovi e via dicendo. Questo è un discorso che deve partire dalla società: la frase sui giocatori che vanno e vengono, come gli allenatori, mentre la società resta è proprio questo. Il vero problema, torno a dirlo, e lo dico da vecchio cuore granata, è che sarebbe un delitto perfetto buttare via tutto quello che è stato fatto in questi anni. Perché ciò che si è fatto, non da me, ma da tutti, è per il futuro di questa società. Non era facile partire da dove siamo partiti per creare le basi che sono state create. Chiunque lavorerà nel Torino nei prossimi anni partirà con un privilegio assoluto: perché ci sono le strutture. Nel giro di 12 mesi avremo Filadelfia e un centro sportivo, cose che quattro anni fa erano impossibili da pensare. Poi se parliamo solo di risultati, ci sono risultati positivi e negativi, ma quello che non deve mancare sono appunto rispetto e dignità. L’Udinese? Le motivazioni faranno la differenza. Da una parte c’è una squadra che si deve salvare e lotterà con la bava alla bocca; dall’altra una che spero abbia come obiettivo non solo i tre punti, ma spero qualcosa di più: il futuro di ciascuno di noi, di ciascuno dei nostri giocatori. Per cui verrà dato spazio a chi ha giocato magari meno, sia per potersi realizzare, sia per poter meritare qualcosa. Non voglio dare cose certe, ma domani Silva per esempio, giocherà centrale, e così anche le prossime gare. A me piacerebbe anche fare le porte aperte fino alla fine del campionato: l’ultima settimana la farei tutta a porte aperte, nella speranza che venga capito quello che ho detto prima. Il delitto perfetto? Si ha quando neghi quanto fatto. Il discorso di programmazione è stato fatto in maniera precisa: dissi alla società che avrei preferito un giocatore in meno, per un centro sportivo in più. E così è stato fatto, e penso sia positivo. C’è un modo, ora, di pensare, di ragionare, di programmare; c’è una strada tracciata che deve portare alla stabilità di questa società. È stato fatto un lavoro straordinario dalla cosiddetta vecchia guardia, perché ha dato tantissimo e anche di più; ora bisogna fare in modo che i giovani che stanno crescendo diventino lo zoccolo duro del Torino. Nel momento che si sarà portato avanti questo discorso, allora ci potrà essere la richiesta di avere giocatori di qualità, perché i giovani hanno già pagato pegno e saranno cresciuti. Dopo le tre vittorie consecutive noi siamo andati a Roma facendo una buona partita. Vincendo lì, avremmo addirittura potuto pensare di arrivare settimi. Con i se e i ma non si va da nessuna parte, avremmo però avuto forse la possibilità di poterli riacchiappare. Saremmo stati vicini al Sassuolo, e il Sassuolo visto domenica penso fosse alla nostra portata. Lì è evidente che hai perso qualcosa. Noi abbiamo lavorato per far sì che il risultato sia figlio non come obiettivo principale. Ora queste tre partite ci serviranno per verificare come muoverci sul mercato e altre cose. Belotti come esterno nel 4-3-3? No, verrebbe penalizzato. Deve ancora affinarsi e migliorarsi. È in doppia cifra, non ci è mai andato in vita sua e non ha giocato mai così tanto. SE continua così diventerà un centravanti della Nazionale: perché dovrei castrare le sue qualità? Domani purtroppo abbiamo un po’ di emergenza davanti: Maxi Lopez è un po’ affaticato; Immobile non lo abbiamo. Edera? Se riesco domani gli lascio uno spezzone di gara. Credo che domani non sia una partita facile, e nemmeno la prossima: forse solo con l’Empoli le motivazioni saranno le stesse“.